Stefano Dorelli ci racconta Cantina Delsignore

    Stefano Dorelli porta avanti la lunga tradizione di Cantina Delsignore. Sogna di avere presto estimatori dei suoi vini in tutto il mondo e progetta di creare una cantina aperta per tutto il periodo dell’anno, dove alla degustazione dei vini si possano affiancare eventi e iniziative di diverso genere.

    Cantina Delsignore nasce dopo la Seconda Guerra mondiale dal matrimonio tra Elsa Nervi, nonna di Stefano, già proprietaria di vigneti di famiglia, e Attilio Delsignore, anch’egli produttore di vino. Unendo le proprietà Elsa e Attilio si ritrovano con cinque ettari di bellissime vigne: Premolone, Lurghe Sottomonte, Molsino, Villino.

    Mio nonno decide quindi di iscriversi all’Albo dei Vigneti del Consorzio del Gattinara a tutela della Denominazione di Origine Controllata – racconta Stefano -. Nel 1960 prende l’importante decisione di imbottigliare a nome suo e con l’ausilio della Tipografia Salesiana a Torino crea la prima etichetta per il suo Spanna Nervi-Delsignore. Il primo riconoscimento arriva nel 1973 con il concorso Vini Pregiati della Stampa Sera, in occasione del quale mio nonno vince la medaglia d’Oro con il suo Spanna 1967: la più grande soddisfazione della sua vita”.

    Dopo un decennio di attività, per problemi di salute, Attilio deve abbandonare la parte di lavorazione delle uve, interrompendo così la produzione di vino, ma non quella della coltivazione. Stefano ricorda bene quando ancora la cantina era allo stato in cui l’aveva lasciata Attilio, con i suoi attrezzi riposti negli stessi ambienti in cui lui aveva portato l’innovazione del lungo affinamento in botte, lavorando e sperimentando alla ricerca di nuove espressioni del Nebbiolo, fino ad arrivare alla creazione di un metodo classico rosè.

    Dal 2001, dapprima con qualche esperimento e vedendo che il risultato era ottimo, Stefano ha deciso di riprendere in mano la cantina, ristrutturandola ed attrezzandola con le nuove tecnologie per migliorare anno dopo anno i vini, riprendendo in questo modo l’entusiasmante cammino di Attilio, con la dedizione e la tenacia che gli ha lasciato in eredità.

    Cantina Delsignore è rinata grazie all’amicizia e alla condivisione del progetto tra me e il mio socio Giuseppe Delmastro – dice Stefano -. Mentre in famiglia c’è naturalmente mio padre Domenico, vignaiolo anche lui da oltre 30 anni, che ancora oggi mi supporta e aiuta in alcuni lavori in vigna. Comunque credo che per chi lo produce, il vino non sia mai una passione solitaria. Infatti, grazie al mio lavoro incontro e faccio conoscenza di diverse persone, con cui a volte nasce un’amicizia”.

    I vigneti sono coltivati in prevalenza a Nebbiolo, per la produzione di Gattinara DOCG Riserva, Gattinara DOCG, Coste della Sesia (Spanna) DOC. Nei filari si trovano ancora delle piante di Bonarda e Vespolina piantate da Attilio, che però sono destinate oggi al vino da tavola. 

    In vigna curo le viti 12 mesi all’anno – spiega Stefano - dalla concimazione programmata del terreno con prodotti di derivazione naturale (non chimici), alla potatura, mantenendo un numero di gemme per pianta adeguato per una produzione di qualità, nonché tutte le fasi che si susseguono dal momento della ripresa vegetativa: mantenimento della parete fogliare (sgarzolatura, pollonatura, cimatura, sfogliatura e sfemminellatura), trattamenti antiparassitari, diradamento dei grappoli”.

    Stefano esegue tutte queste operazioni per la maggior parte manualmente, dunque senza l’utilizzo di mezzi meccanici a parte i trattamenti e la fresatura del terreno.

    “Abbiamo vigneti storici dove si trovano ancora numerose piante di età compresa tra i 50 e 70 anni e vigneti più recenti – continua Stefano -. Da questi cerco di ottenere il massimo della resa qualitativa sottraendo alle piante buona parte dei grappoli in eccesso, praticando un diradamento selettivo. Essendo la nostra filosofia improntata su una produzione diqualità, la produzione quantitativa per ettaro è sempre al di sotto del massimo consentito dal disciplinare di produzione del Gattinara”.

    Stefano ama il lavoro in vigna perché in ogni periodo dell’anno ha delle caratteristiche particolari:

    l’autunno, prima con i grappoli ormai pronti per essere raccolti con l’arrivo delle prime nebbie, poi con i colori dellefoglie che da verdi mutano in giallo e rosso. L’inverno, quando il cielo si fa azzurro come mai durante il resto dell’annoed è facile incrociare lo sguardo di qualche capriolo disceso dalla montagne per cercare cibo. La primavera dove la pianta riprende vita e con la schiusura delle gemme il verde torna a prevalere tra i filari. Infine l’estate con il profumodell’erba appena tagliata e i grappoli che mano a mano prendono la forma classica del Nebbiolo”.

    In cantina Stefano cerca di mantenere un metodo tradizionale di vinificazione con l’ausilio di un po’ di tecnologia. Infatti la fermentazione alcolica e la successiva macerazione avviene in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata. Questo permette di intervenire in maniera poco invasiva sul mosto e sul vino e di estrarre e mantenere una quantità superiore di profumi ed aromi. A fermentazione malolattica avvenuta, la quale in condizioni favorevoli si conclude entro gli inizi di dicembre, Stefano trasferisce il vino nella cantina di affinamento in botti e barili di rovere, dove rimarrà il tempo necessario per diventare un ottimo Gattinara DOCG e Coste della Sesia DOC.

    Quello che voglio dare a chi degusta il mio vino è un’esperienza entusiasmante che scaturisca dall’appagamento dei sensi con cui lo si analizza, ma che generi sentimenti ed emozioni che appaghino l’essere anche solo per un istante” sottolinea Stefano, che ai suoi vini consiglia di abbinare i prodotti tipici della zona: dai salumi e formaggi tipici come la Toma della Valsesia, ai risotti, come la Panissa Vercellese e il risotto ai funghi porcini di Gattinara, agli squisiti arrosti e brasati.

    Il Nebbiolo è un vitigno estremamente legato al territorio, e Stefano lo sa bene:

    “Il terroir influisce tantissimo ed i vini di Nebbiolo ne sono l’emblema. Basti vedere le differenze che vi sono tra i Baroli e i Barbareschi ed i vini del nord Piemonte, ma anche tra i vini più giovani come i Nebbioli delle Langhe ed i nostri Coste della Sesia e Colline Novaresi. C’è poco da dire, il terreno che nutre le piante è differente come lo è il clima. A mio parere però, bisogna parlare di territorio anche in termini di tradizioni ed abitudini. Credo infatti che anche in questo caso vi siano diversità sia sulla coltivazione della vite che sui metodi di vinificazione che influiscono notevolmente sul vino”.

    E come il vino che produce, anche Stefano è profondamente legato al suo territorio:

    Pur non essendo al 100% Gattinarese, ho vissuto la mia infanzia e adolescenza a stretto contatto con i miei nonni Gattinaresi DOC. In particolare mio nonno Attilio ha sempre cercato di coinvolgermi nelle sue attività in campagna e in cantina e ricordo come fosse oggi le sere dopo vendemmia passate davanti alla stufa a legna a cuocere le caldarroste e ascoltare racconti del passato”.

    E dai genitori Stefano ha imparato l’amore e il rispetto per la sua terra, anche a livello di impegno sociale. Seguendo il loro esempio, fin da giovane si è impegnato in Pro Loco (e non solo) nell’organizzazione di eventi per la promozione dei suoi vini.

    Per una breve parentesi il lavoro mi ha portato all’estero e in giro per l’Italia – ricorda Stefano -. Anche questa esperienza è servita a farmi vedere Gattinara dal di fuori e ad accrescere il sentimento e la passione per il territorio di origine. Ciò che ritrovo nel vino sono le stesse identiche cose che provo per il territorio, amore e passione. Sono questi gli elementi che mi hanno riportato a Gattinara e che mi hanno fatto prendere la decisione di riprendere in mano le origini lavorative della mia famiglia”.

    Nei rari momenti in cui non si dedica al vino Stefano ama stare con la sua famiglia, oppure dedicarsi alle sue piccole passioni, la barca a vela e la montagna, anche se, come confessa, “ho due bambini piccoli che chiedono tante attenzioni e di tempo ne resta ben poco”.

    Peccato solo non aver avuto la possibilità di vivere un periodo lavorativo a fianco di nonno Attilio: “infatti quando lasalute lo ha abbandonato io ero troppo giovane per capire e per dare continuità alla Cantina”. Per fortuna però il tempo ha portato consiglio.

    Un messaggio per gli amici di Svinando:

    Una frase di Charlie Chaplin: un giorno senza un sorriso, è un giorno perso”.

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